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[BEST OF] : Il mio 2016 in 20 album

David Bowie, classifica album 2016 Matteo Castello
Bye bye, Bowie
Musicalmente parlando, il 2016 ha proceduto a ritmo alternato. Ad un lento, cadenzato susseguirsi di buonissime uscite, si è contrapposta una sequela di tanti, troppi, dolorosi strappi: la morte di David Bowie, poi quella di Prince, e ancora quella di Leonard Cohen, Paul Kantner, Keith Emerson, Pierre Boulez (ecc.). Scomparse che hanno listato a lutto lo svolgimento di un'annata che, nonostante tutto, ha visto imporsi sulle scene anche diversi vivi, spesso giovani, purtroppo oscurati dal peso ingombrante delle dipartite eccellenti. Insomma: la vita continua.

Cosa succede nel mondo del pop? Mentre si consolida la vena "poptimista" (il mainstream fuso inestricabilmente con l'universo indie), e nei primi posti delle classifiche continuano a figurare i protagonisti della "nuova" ondata black (Kanye West, Solange, Chance the Rapper, Frank Ocean, Beyonce, A Tribe Called Quest) e gli immancabili mostri sacri (Radiohead, Nick Cave, Iggy Pop), la vera novità -per quanto mi riguarda- è quella dell'irruzione del Giappone in terra occidentale. Sebbene non apertamente sdoganato, il j-pop fa capolino in album come "Beyond the Fleeting Gales" dei Crying e "Moth" dei Charlift, mentre realtà nipponiche come Metafive e Gesu no Kiwami Otome si propongono come portabandiera di una realtà musicale ricchissima e perlopiù oscura.
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Recensione ► Eagulls: "Ullages" (Partisan, 2016)

recensione Eagulls, Ullages, Partisan, 2016
Poco, pochissimo è rimasto di quella bellissima e fugace ondata di band che, durante i primi anni Dieci, rileggevano e mescolavano liberamente -dopo la sbornia wave revival e nu rave- scorie di post-punk ottantiano, shoegaze e dreampop. Ne uscivano album notevoli (penso agli esordi dei Chapel Club, dei Toy e degli S.C.U.M, alla costante evoluzione degli Horrors, a gemme sottovalutate come Airship e Lowline, a followers del calibro di Younghusband e Patterns), prodotti da band che si sarebbero presto sciolte o dedicate ad altro, lasciando il campo a un più vasto (ma meno interessante) sottobosco di revivalisti shoegaze. Non esiste nemmeno un nome per descrivere quella proto-scena di difficile delimitazione (il filo rosso che univa le varie band, ognuna libera di interpretare a suo modo la materia privilegiando questo o quell'ingrediente, era piuttosto vago, legato più ad un “sentire” comune che ad uno stile codificato). Eppure gli Eagulls, partiti da tutt'altre coordinate, sembrano oggi raccogliere e portare avanti quel discorso lasciato aperto.
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