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Gnam Gnam


Il sole tramontò lentamente dietro le colline mentre Evie finiva di sgranocchiare il suo sandwich. Ormai duro, quasi avariato. I campi si tingevano di ambra e amaranto e gli ultimi raggi sfocavano languidi all’orizzonte. La luce le colpiva il viso frontalmente, lasciandole le spalle ancora illuminate e il viso quasi in fiamme. Una brezza leggera soffiava tra le spighe di mais che ondulavano pigre. Sembrava che il mondo si fosse fermato per un istante per osservarla mangiare senza che lei se ne accorgesse. Per guardarla lottare con quelle fette di pane povero, lattuga e forse prosciutto. Chiuse gli occhi mentre addentava lo spuntino e cercò di assaporare gli ultimi raggi che le attraversavano le palpebre.
Il sole scese ancora e il fascio di luce raggiunse la fronte di Evie e le baciò i capelli. Ancora pochi istanti e la campagna sarebbe stata invasa dall’oscurità, una tenebra assoluta, accecante. La ragazza lo sapeva e l’espressione soddisfatta e goduta si trasformò presto in una smorfia di ansia e apprensione. Doveva ripartire, non poteva più rimandare. Con rapidi morsi finì il panino che aveva sperato, almeno per una volta, di godersi fino in fondo. Raccolse gli stivali e se li infilò mentre i suoi pensieri saettavano già nel tramonto, verso casa.

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Oasi


Insegue la sua ombra
sotto i raggi della luna
alta tra le fronde
di alberi neri
oscuri come la notte.
Lago di stelle
in cui i sogni annegano.

Per cadere dal cielo
come meteore in fiamme,
così il mio cuore si accende
e arde
di una passione tanto violenta
che un solo corpo
non può contenere

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Poeta che vivi


Poeta che vivi,
poeta che amo.
La morte ha bussato alla tua porta
e hai abbracciato il dolore.
Le tue lacrime
si sono mischiate al profumo del muschio
e della pioggia d'estate,
gocce trasportate dal vento
che ti spettina i capelli in morbidi nodi
come baci.

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Anime a metà


è il relativismo del mondo.
L'istante che stiamo vivendo
per te potrebbe avere il sapore dell'eterno
e per me potrebbe non valere niente.
E viceversa
Immagina
si costruiscono intere storie
e castelli a metà
su fondamenta inesistenti
o semplicemente
quell'attimo che vivi con tanto ardore
per me è destinato a spegnersi alla prima luce.
E senza colpe o soluzioni o possibilità di scelta
quell'istante sarà per te una montagna da scalare
e per me un granello di sabbia che si perderà nel vento.

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Non puoi più smettere di vedere


Johnas si guardò attorno ma i suoi occhi non riuscirono a distinguere nessuna forma nell’oscurità più profonda.
<Cosa dovrei vedere?>
<Aspetta, non ancora>
Uno sfregolio, qualche scintilla e il bagliore di una debole fiamma illuminò lo scantinato. La luce lentamente invase le pareti e scoprì una moltitudine di oggetti coperti da teli logori e vecchie coperte. La stanza era più grande di quanto Johnas si sarebbe mai immaginato: sembrava svanire in quell’ammasso di forme scomposte che si perdevano a vista d’occhio. Ce n’erano di ogni dimensione, grandi come pianoforti armadi, comodini, sedie, divani. Erano un’infinità ma Johnas non riuscì a trovarne nemmeno uno che non fosse nascosto sotto un qualche telo. Le forme erano facilmente intuibili e nel loro insieme costituivano un grottesco ammasso di cubi e parallelepipedi.
<Wow, ma è… enorme!>
<Già. Non ci vengo spesso ma ogni volta mi sembra che ci sia più roba>.
Johnas non riuscì a trattenersi. <Cosa ci fa qui tutta questa roba? Perché è tutto coperto?>
<Non hai ancora capito?>
<Capito cosa?>
Non c’era niente da capire. Erano nello scantinato di una casa che, fino a poco prima, credeva fosse abbandonata. Loro due, soli.
<Intendi…> lei lo fermò posandogli un dito sulle labbra.

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Pagine morte

Scrivere mi era diventato insopportabile. La mia mente era come un mare in bonaccia, o un deserto privo di vita. Avevo smarrito ogni ispirazione, ogni energia, ogni pulsione creativa. Un vero problema, dal momento che avevo fatto dello scrivere la mia vita: da quelle parole d'inchiostro dipendeva la mia sopravvivenza, e ancor più il mio orgoglio e la mia rispettabilità. Il riconoscimento che derivava da questa attività mi era sempre stato fondamentale, forse anche più del denaro che, piuttosto copioso, ne derivava. Avevo conquistato, inutile negarlo, una certa notorietà nell'ambiente intellettuale della città dove vivevo. Il mio stile elegante e ricercato -così scrivevano i giornali- era una fonte di ammirazione costante, una chiave d'accesso ai salotti bene, ai circoli culturali più ambiti, alle frequentazioni più interessanti e stimolanti di allora. Avevo sempre desiderato accedere a quel mondo, seppure non me ne sentissi del tutto degno. Una sorta di inadeguatezza dovuta ad un carattere schivo (di natura certamente ereditaria), che però scompariva non appena veniva sommerso dall'adulazione altrui. Avevo creato un'aurea che mi precedeva, ogni volta, dispensandomi dall'arduo compito di dovermi mettere continuamente in gioco, di dover dimostrare che nulla della mia fortuna era scolorito col tempo.
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